Tutta colpa dei designer

È arrivato per me quel momento della vita che prima o poi colpisce tutti. In genere è intorno ai 30 anni, quindi sono pressapoco puntuale. Sempre più noto dettagli, momenti, situazioni che mi fanno pensare ciò che dieci anni fa mi ero ripromesso di non pensare mai: i giovani d’oggi non sanno fare niente. E sono certo che se qualche ventenne legge ste parole starà pensando “ok boomer”, rassicurando se stesso del fatto che fra dieci anni non penserà così dei nuovi ragazzini.

Però, vuoi per indole, vuoi per deformazione professionale, quando penso qualcosa di superficiale c’ho sempre la curiosità di esplorare un po’ questo pensiero.

Gli anni a cavallo fra questo e lo scorso millennio, sono stati gli anni in cui internet è arrivato con prepotenza nella vita di tutti, si è evoluto, è cresciuto, e piano piano è entrato in qualsiasi apparecchio elettronico. E se agli albori era uno strumento spartano e ruvido, negli anni si è affinato e si è adattato alle necessità dei suoi utenti.

Ed è qui che entrano in gioco i veri cattivi della storia: pletore di designer che, credendosi nel giusto, hanno plasmato, modellato e rifinito ogni aspetto del nostro rapporto con la tecnologia. La disperata ricerca dell’esperienza utente perfetta, dell’interfaccia intuitiva. Tutto quello che agli inglesi (e ai designer) piace aggettivare come “user friendly”.

Ma la storia ci insegna che sono gli amici spesso quelli a tradirci più amaramente.

E scopriamo allora che i giovani d’oggi, i famosi nativi digitali, non hanno la minima consapevolezza di cosa sia questo fantomatico digitale. Se spesso lo abbiamo inteso come un filtro sul mondo reale, la loro esperienza del digitale è ulteriormente filtrata da interfacce grafiche e percorsi stabiliti, che eliminano la possibilità di errore e quindi la possibilità di scelta. 

Il risultato? Il totale appiattimento di qualsiasi pensiero creativo o capacità di problem solving. Il design thinking è morto, ed è stato ucciso dai designer!

E ciò che vale per il digitale, più o meno vale per qualsiasi campo del design.

E allora che dovremmo fare? Forse è il caso che piano piano il design smetta di essere così “human first”, ritorni un po’ più criptico?

Non capire se dover tirare o spingere una  porta, quei musei con una segnaletica incomprensibile, quegli oggetti che agli occhi nostri erano “progettati male”, forse ci rendevano persone migliori?

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